Negli anni sessanta, a seguito della modifica apportata alla liturgia, non più con le spalle ai fedeli, l’altare maggiore è stato in parte demolito ed occultato da una muratura foderata con lastre di marmo rosso Verona che, nel corso dell’attuale restauro, è stato riportato alla luce. Una volta liberato dalla muratura si è potuto osservare che la superficie del manufatto risulta essere già stata oggetto di precedenti restauri, manca completamente la mensa e le due colonne che la sostenevano. Sono state riscontrate diverse mancanze di modellato, infatti all’interno della muratura sono stati ritrovati alcuni pezzi mancanti, che una volta ricostruiti si presentano molto lacunosi e necessitano di ricostruzioni importanti. L’altare ha subito altre modifiche, prima dell’intervento degli anni ’60, infatti lateralmente si sono trovate le tracce di un altare più antico. Dell’altare si sono riuscite a riconoscere quattro diverse fasi: 1) l’altare più antico occultato nella parte posteriore; 2) una seconda fase con le decorazioni vegetali e zoomorfe scandite da cassettoni decorati a finti marmi che però risultano modificati nella zona centrale dove sono state tagliate per poter inserire il tabernacolo; 3) una terza fase con le tompagnature in gesso dei cassettoni ridecorati a finto marmo, il taglio della zona centrale per poter posizionare il tabernacolo dorato e l’apertura della zona sottostante per l’inserimento della statua del Cristo morto; 4) ultima fase, quando intorno agli anni ’60 a seguito del Concilio Vaticano II si decise di racchiudere l’altare in una cassa di marmo rosso di Verona, tagliando entrambe le volute laterali ed eliminando la mensa, le colonnine e spostando il tabernacolo nell’altare laterale di San Trifone. L’edizione dell’altare attualmente recuperato ha eliminato tutti gli strati sovrammessi che occultavano delle decorazioni con elementi floreali e animali in foglia oro, nascosti da una stuccatura ad intonaco e ridipinte con decorazione a finto marmo. Inoltre l’intera superficie è ricoperta da spessi strati di polvere, schizzi e residui di calce e/o intonaco. Trovandoci di fronte a problemi filologici per decidere quale edizione dell'altare portare in luce nel corso del restauro, si è dovuto scegliere la metodologia d’intervento a seguito di una campagna accurata di saggi stratigrafici. 2 Le ultime tendenze del restauro scientifico scartano la possibilità di lasciare dei saggi in sito ma solo come documentazione fotografica per lasciare integro l'aspetto estetico dell’opera. I frammenti in pietra e intonaco che sono stati ritrovati alcuni sono stati ricollocati e, le parti mancanti, ricostruite, al fine di restituire l’antica plasticità dell’oggetto di culto, così come la pietra “pietra sacra” all’interno della mensa rifatta. Mentre i frammenti non più ricollocati sono stati accuratamente documentati, catalogati, puliti, consolidati e riconsegnati. Il rifacimento della mensa e delle colonnine di sostegno in “pietra ricomposta” con una tinta neutra ha completato ed integrato l’aspetto dell’altare maggiore in accordo con committenza, Soprintendenza competente e appaltatore. Prima dell’edizione degli anni ’60 nello spazio al disotto della mensa era stato collocato il Cristo Morto, attualmente l’arco che lo conteneva, che presentava preoccupanti lesioni passanti nel colmo dell’architrave, è stato richiuso anche per motivi di statica. Le fasi di lavoro sono state le seguenti: Spolveratura con pennelli morbidi, aspirapolvere. Lavaggio con nebulizzazione di acqua distillata e azione blanda di spazzolini a setole morbide, avendo l’accortezza di eliminare l’acqua in eccesso per non provocare danni per la presenza di umidità. Stratigrafia per stabilire il livello originario. Rimozione degli strati sovrammessi meccanicamente a bisturi e con l’ausilio di vibroscalpello e/o microfrese. Rimozione delle tompagnature in gesso decorate a finto marmo. Ricollocazione degli elementi scolpiti in sede con imperniazioni di acciaio inox e resine epossidiche termo plastiche. Rifacimento e ricostruzione delle zone modanate e scolpite con l’ausilio di calchi in gomma siliconica plasmabile, caratterizzata da una completa antiaderenza a tutti i tipi di materiali, tutte le parti mancanti sono state realizzate con gesso alabastrino all’interno del quale sono state posizionate nel caso dei rifacimenti più evidenti delle barre in acciaio inox, nelle zone in cui non si sono potuti fare dei calchi si è proceduto con la ricostruzione diretta. Stuccature delle lesioni superficiali. Pulitura con impacchi di solventi a base di ammoniaca e bisturi. Ricostruzione e ricollocazione della mensa e delle colonne di sostegno della stessa mancanti, realizzati in “pietra ricomposta”, a basso contenuto di sali, della stessa forma dell’originale. Ricollocazione del tabernacolo dorato ritrovato grazie all’ausilio delle foto storiche, previa pulitura del metallo ormai ossidato. Reintegrazione delle ricostruzioni con tecnica della scomposizione cromatica a tratteggio. Trattandosi di superfici a rilievo si è scelto di adottare la suddetta tecnica per ottenere un effetto mimetico, per non interrompere la visione completa del manufatto, ma visto da vicino questo è perfettamente riconoscibile in quanto i colori vengono stesi senza mai essere sovrapposti. In particolare nel caso dell'imitazione della foglia oro questo tipo di integrazione viene chiamata Selezione Effetto Oro. 3 Riequilibratura cromatica delle lacune con acquarelli con la tecnica del sottotono (cioè l'integrazione è realizzata con lo stesso colore di fondo ma con un tono più basso) in maniera tale da avere un effetto omogeneo ma non troppo compatto che potrebbe apparire “finto”. Protezione superficiale con cera microcristallina applicata a pennello e lucidata.